Tante storie magiche
NULLA SARÀ PIÙ COME PRIMA di Franca Caiano
Quando mi si è fermato il cuore non ho urlato. Avrei potuto farlo, tanto ero sola, ma sono rimasta quasi paralizzata da non avere più fiato, nè forze. In silenzio, per un tempo che mi è parso un’eternità, ho fissato lo schermo del cellulare illuminato come se stesse per esplodere. Prima la rabbia e poi l’angoscia hanno preso il sopravvento e quel pugno nello stomaco ha cominciato a sanguinare per poi cicatrizzarsi quando mi sono arresa per affrontarlo. Un dolore acuto si è fatto spazio nella mente prima che nel corpo e mi ha sopraffatta, allora ci sono sguazzata dentro cercando di farmi più male possibile. Con gli occhi vuoti e una smorfia d’incredulità sul viso, ho scacciato quell’urlo che non voleva uscire. Mi sono seduta sulla sponda del letto, con le gambe penzoloni, incrociate e ciondolanti e quel flusso di pensieri che volevo allontanare è tornato a tormentarmi e a ricordarmi che questo è solo il principio della fine. Il principio è stato 25 giorni fa, con una diagnosi: positivo covid. Infermieri vestiti con scafandri ti hanno portato via. Mi sono sempre chiesta perchè tu e non io. Non ti ho più rivisto, ti ho sentito al cellulare solo una volta, poi a causa del casco non è stato più possibile. Il quinto giorno ti hanno trasferito in rianimazione e da allora è iniziato il tuo calvario, ma anche il mio inferno. Ogni pomeriggio il medico di turno mi infondeva coraggio, appuntamenti telefonici brevi, ma pieni di calore e di fiducia nelle terapie che però puntualmente non davano risultati. Ma noi insistiamo, dicevano per confortarmi. Nemmeno quando mi hanno consigliato di farmi seguire da uno psicologo ho dubitato che ce l’avresti fatta perchè ero divorata dalla disperazione e persa in un incubo senza via d’uscita. No, c’è sempre una speranza. Ti immaginavo coperto da un lenzuolo, in posizione prona, intubato e in coma farmacologico, incapace di respirare autonomamente e io non potevo abbracciarti nè parlarti o solo starti vicino. Adesso siamo due vite spezzate dal destino che ha aperto un baratro dentro il quale entrambi, in modi differenti, continuiamo a sprofondare. Alle 10 di un sabato mattina è arrivata la telefonata. Non ce l’ha fatta, ora del decesso 9,20.