Tante storie magiche
Nonna per caso (e per fortuna)
Nonna per caso (e per fortuna)
Di Cristiana Pivari
(Brano tratto da un racconto pubblicato nel 2014 nella raccolta UNA STORIA MAGICA)
Lo incontravo ogni pomeriggio, verso le cinque, al rientro dal lavoro. Era seduto sui gradini della scala della porta d’ingresso del condominio e, al mio saluto, rispondeva con un mugugno, ma mi ispirava simpatia. Sarà stato per via di quei capelli a spazzola che lo facevano somigliare al personaggio di qualche telefilm che avevo visto da piccola, anche se non ricordo di quale serie si trattasse. A quell’ora non c’era in giro nessun altro bambino, solo lui, con la sua testolina castana e gli occhi furbi, anche se un po’ tristi. La cosa si ripeteva da qualche mese, prima non l’avevo mai visto, e così avevo dedotto che si era trasferito da poco nel mio condominio per cui non avevo la minima idea di chi fosse la sua famiglia.
Un giorno decisi di fermarmi per scambiarci due parole e, anche se la cosa non l’aveva entusiasmato, almeno ero riuscita a farmi dire il suo nome. Si chiamava Pietro e aveva nove anni. Per conoscere il motivo della
sua permanenza su quella scala a quell’ora lo interpellai la volta dopo e così venni sapere che Pietro aspettava il rientro della madre dal lavoro, dopo essere stato a una specie di colonia estiva che finiva alle quattro e mezza, perché lei non si fidava a lasciarlo in casa da solo. Trovai la cosa assolutamente inconcepibile anche perché, secondo me, c’erano più pericoli fuori che fra le pareti di casa e se io avessi avuto un figlio non l’avrei mai lasciato sulla strada per due ore e mezza in balia di qualunque cosa.
Se avessi avuto, appunto, perché io non ho figli. Sono una single di cinquantasei anni, una volta sarei stata semplicemente una zitella, ma ora sembra che non ci sia nulla di male se una vive sola e non viene nemmeno più guardata con sospetto come accadeva, invece, ai tempi di mia madre. Non mi sono mai sposata perché non mi è capitato, ho avuto le mie storie come qualsiasi donna normale e ora sono sola, magari per sempre, ma può capitare che incontri qualcuno, un giorno. Nella vita non si sa mai. Il mio rammarico più grande, però, è quello di non aver avuto figli, e ora è decisamente tardi per rimediare alla mancanza, perché io non concepisco la maternità tardiva, anche se ho il massimo rispetto per chi decide di fare un figlio alla mia età. Io non me la sentirei per un sacco di ragioni, non ultima quella di non avere energia fisica sufficiente per correre dietro a un pargoletto. Per questo motivo, forse, sono diventata la zia perfetta per i figli delle mie amiche. Quella a cui fanno le confidenze sapendo che non le riferirà ai loro genitori, quella che dà consigli, che li va anche a prendere
in discoteca, al bisogno. Ma soltanto una zia con un desiderio frustrato di essere madre, ed è questo il motivo per cui sono molto sensibile al mondo dei ragazzi e mi sono presa a cuore la storia di Pietro, e dopo la sua rivelazione sulla sfiducia della madre nei suoi confronti ho pensato al modo per far capire a quella donna che era più pericoloso lasciare il figlio per strada che a casa sua, ma non sapevo come, visto che non la conoscevo nemmeno di vista.
L’occasione sembrò arrivare qualche giorno dopo quando, sapendo che la signora rientrava verso le sette, scesi proprio intorno a quell’ora per svuotare l’organico nell’apposito bidoncino, così magari avrei avuto la possibilità di incontrarla. Pietro stava gironzolando per il cortile con la bicicletta ma, quando mi vide, si avvicinò accennando pure un mezzo sorriso. Gli feci i complimenti per la bicicletta, tanto per far passare un po’ di tempo nella speranza di incontrare sua madre. Infatti, dopo qualche minuto, sentii una voce alle mie spalle.
«Pietro a casa, su.»
Mi girai e vidi una ragazza che non arrivava ai trent’anni, con un taglio di capelli asimmetrico, dei pantaloni fascianti e la maglietta corta che le lasciava la pancia fuori. Pietro le pedalò incontro e lei mi rivolse appena uno sguardo e fece un cenno impercettibile di saluto con la testa. Inutile aggiungere che non trovai il modo di dirle qualcosa, anche perché il suo atteggiamento era di totale chiusura nei miei confronti. Mi limitai a un «buonasera» ad alta voce e mi avviai verso casa.