Tante storie magiche
IL SORRISO DELLE STELLE
Storia vera raccontata da Corinna Fenton
Antonietta era una bambina adorabile e vivace. Negli anni del dopoguerra, la sua nascita era stata una benedizione per la famiglia, che l’aveva accolta con ineffabile amore e, negli anni della sua infanzia, viziata in tutti i modi possibili. Quando la bambina compì dodici anni, la madre le cucì un bell’abitino rosa pesca con un fiocco in vita dello stesso tono e le comprò, con il ricavato delle floride campagne marchigiane, delle adorabili scarpine lucide di coppale. Antonietta le indossò con orgoglio, piroettando sotto gli occhi benevolmente invidiosi delle sorelle maggiori le quali, quella domenica pomeriggio di fine marzo, anziché andare a teatro come lei con i genitori, sarebbero rimaste a casa a “rassettare” dopo il grande pranzo di famiglia. Gli occhi di Antonietta sembravano pieni di piccole stelline scintillanti, mentre saltellava mano nella mano con papà e mamma, diretti a piedi dalla cascina al centro storico del paesino di San Ginesio.
Lo spettacolo era stato allestito in modo amatoriale da un gruppo di universitari che studiavano nella “grande” città di Perugia e che, nei fine settimana trascorsi al paese natìo, si erano dilettati a creare una compagnia teatrale con il plauso del sindaco del posto, che aveva così trovato i fondi per ristrutturarlo e adibirlo anche a cinema. I genitori avevano spiegato ad Antonietta che, al di là delle morbide colline ambrate, si trovava una grande posto chiamato Umbria, in cui c’era la città di Perugia, luogo in cui si producevano i rinomati dolcetti, i “Baci Perugina”. Ad Antonietta quel posto sembrava desiderabile e irraggiungibile, come Luciano, il più bello della compagnia. Al termine della rappresentazione, chiese come regalo di compleanno di poter conoscere gli attori, che la accolsero con amorevolezza nei camerini e le spiegarono come funzionavano i loro spettacoli. Luciano, intenerito dalla curiosità di quella ragazzina dal sorriso abbagliante e dallo sguardo intelligente, la prese in braccio e la portò a visitare il palco vuoto, in cui Antonietta si esibì piroettando, mentre lui applaudiva con entusiasmo. Poi le regalò un fiore, che lei custodì gelosamente, facendolo essiccare all’interno del suo libro preferito. Ad ogni compleanno lo estraeva da quelle pagine e, ammirandolo, danzava nella sua piccola stanzetta intonando la melodia del suo valzer preferito, immaginando di ballare insieme a Luciano. Con il passare delle stagioni e poi degli anni, Antonietta diventava sempre più bella, mentre i suoi lineamenti fisici sbocciavano e la rendevano una signorina attraente, dallo sguardo morbido e intenso, la perfezione del volto esaltata dai dorati capelli che cadevano sulle spalle. Aveva una eleganza innata, tanto che qualche mala lingua del paese spesso insinuava che la madre l’aveva concepita con un nobile proveniente da lontano. Quando Antonietta camminava si voltavano tutti ed era la ragazza più corteggiata del paese. Ma lei rifiutava chiunque si facesse avanti, per la testa aveva solo il suo Luciano.
Il giorno del suo diciottesimo compleanno, Antonietta si affacciò con impeto dalla finestra del cascinale, gridando che stava per scendere alle amiche che la aspettavano per festeggiare. Doveva solo intrecciare un nastro di raso nei capelli per essere pronta. Poi vide qualcosa che le provocò un tuffo al cuore e le sue guance arrossirono. Al fianco di Gilda, che era la sua migliore amica, vide Luciano, che nel corso degli anni aveva continuato a esibirsi negli spettacoli teatrali del paese, seppure il ragazzo, ormai laureatosi, era gradualmente diventato un uomo e aveva trovato un impiego serio e rispettabile a Perugia. Per questo le sue visite a San Ginesio si erano diradate, senza affievolirsi del tutto. Così Antonietta lo aveva sempre tenuto presente davanti agli occhi, come la stella cometa che si tira fuori dallo scatolone almeno una volta all’anno per addobbare l’albero di Natale.
Luciano la guardò negli occhi e in lei si accesero migliaia di scintille, che addobbavano a festa la sua anima. Quella sera, bevendo gazzose e gustando sorbetto al limone al bar centrale, Antonietta apprese che Luciano era il “moroso” di Gilda, vicina di casa dei suoi genitori, che si vantava di averlo assediato e conquistato più per sfinimento che per fascino. Luciano non smetteva di guardare la festeggiata negli occhi, in un modo che lei non sapeva sostenere, senza avvampare o balbettare. Al termine della serata, si offrì di riaccompagnarla. Le rane gracidavano e nel buio della notte solo qualche piccola lucciola illuminava il sentiero. Antonietta camminava con le mani dietro la schiena, a testa bassa e incrociando i piedi, cercando un modo per placare il tumulto di emozioni che la pervadeva. Luciano la prese per mano e disse d’un fiato:
“Sposami, ti porto via con me, a Perugia. Da quel giorno in cui ti ho vista nei camerini del teatro per la prima volta, ho vegliato su di te da lontano e ho aspettato solo questo momento per chiedertelo” i suoi occhi azzurri e penetranti la scrutavano intensamente.
“Ma … Gilda?” Chiese Antonietta esterrefatta, divisa tra il dispiacere di fare un torto all’amica e la dolce attrazione che la spingeva verso quell’uomo forte e bello.
“Gilda è stata una scusa per intrufolarmi a questa festa di compleanno, aspettare la mezzanotte e chiedere la tua mano – Luciano si fermò per riflettere, poi sorrise, con due adorabili fossette che gli solcavano le guance – vedrai che se ne farà una ragione. C’è Samuele, che si è laureato con me e poi è tornato alla macelleria del padre a lavorare, che non aspetta altro che il momento giusto per farle la corte. Loro saranno felici qui e, noi, a Perugia”. Antonietta lo assecondò subito con entusiasmo e fiducia totale. Decisero che si sarebbero sposati due mesi dopo e poi, al termine di una lunga luna di miele, non si sarebbero lasciati mai più. Quella sera, che avrebbe cambiato per sempre la sua vita, Antonietta aveva il sorriso delle stelle.