Tante storie magiche
CHIAROSCURI
CHIAROSCURI Mi lasciai l’aeroporto alle spalle.
E fu subito notte.
Ero appena tornato dal Messico, il mio terzo viaggio in una decina di anni. E quella luce era ancora dentro di me. Non appena aprii lo sportello dell’auto, avvertii una morsa conosciuta: l’angoscia stava per divorare quel chiarore. La penombra della sera cancellava il profumato sole caraibico. Non potevo permettere che accadesse, non subito almeno. Volevo tenermi al caldo ancora per un po’. Salii in auto e, anziché dirigermi verso Prato, verso casa, mi diressi verso di lei … Firenze, la città del cuore. Dall’aeroporto di Peretola al centro della città ci saranno dieci minuti. Fu un lampo, ed ero già là, di fronte a Santa Maria del Fiore e al Campanile di Giotto. La gelida morsa mi aveva abbandonato e il sole del Messico brillava ancora dentro di me.
Passeggiai per le vie del centro fino al luogo più affascinante e mistico che conosca: Piazza della Signoria e il suo magico Palazzo Vecchio. Restai assorto per qualche minuto ad osservarlo nella luce della notte. Mi avvicinai al David e la vidi. La donna dei miei sogni. Dal carnato scuro e i lunghi capelli castani, il corpo esile ma molto sensuale, gli occhi neri intensi e profondi. Incrociai il suo sguardo per un attimo e fui accecato da una luce abbagliante. Più del sole del Messico, più del luccichio del mare. Senza indugio alcuno la seguii. Entrò nel Museo degli Uffizi. In estate resta aperto anche la sera. Erano le 22.59. Mancava un minuto e la porta si sarebbe chiusa.
– E’ una follia – pensai, ma solo per un secondo, poi attraversai la soglia e il portone si chiuse dietro di me. La vidi salire le scale e solo allora mi accorsi del suo abbigliamento. Aveva un abito del Rinascimento. Forse c’era una festa in maschera da qualche parte. Non mi stupii più di tanto, nella corsa per raggiungerla non avevo tempo per rimuginare. Salimmo al secondo piano. Attraversò il corridoio che odorava di capolavori ed entrò in una sala.
Per un attimo fui distratto dalla bellezza dell’Annunciazione di Leonardo. Poi la cercai: era ferma al centro della stanza. Indossava un abito rosso con un lungo mantello blu, sembrava… sì, sembrava una Madonna. Aveva un velo trasparente sui morbidi capelli. Mi chiamava con lo sguardo. Mi avvicinai, ma non appena la toccai si ritrasse. Non capivo.
– Chi sei? Posso avvicinarmi? – le chiesi con delicatezza. Si voltò e fuggì, di nuovo. La inseguii con il terrore di perderla. Ansia alla gola, sudore freddo. Vagai per altre sale, senza esito. Decisi di tornare indietro, nella sala precedente quella di Leonardo. Avevo ragione. Era di nuovo al centro della stanza. Stavolta fui rapito dalla Primavera e dalla Nascita di Venere del Botticelli. La testa iniziò a girarmi. Troppa luce, troppa armonia. Poi mi voltai verso di lei e mi avvicinai. Le fui così vicino da sfiorarla, ma non appena lo feci, si ritrasse. Ero confuso, abbagliato e stordito. Finalmente tutto mi fu chiaro. La vidi dentro una tela, era lei, senza dubbio. E c’era un altro personaggio: un angelo. Era l’Annunciazione del Cestello. L’Arcangelo in ginocchio tende la mano a Maria che si inclina verso di lui ed assente alla sua vertiginosa richiesta. Capii ciò che dovevo e, volevo, fare. Mi inginocchiai di fronte a lei e, tendendole la mano, le chiesi con una voce a me sconosciuta, proveniente da antichità remote: – Vuoi essere mia? Lei assentì alla mia vertiginosa richiesta. Si spogliò del mantello, del velo, del lungo abito e fu nuda dinanzi a me. La baciai, mi spogliai e fui, perdutamente, suo. Fui uomo del Rinascimento, fui uomo in estasi, fui Dio. E un bagliore mi trafisse e mi tatuò l’anima, per sempre.
Il mattino seguente era notte. Non un tenue chiaroscuro, bensì completamente nero. Sentii una voce… era mia moglie!!!
– Come stai caro? Ti sei svegliato? Ci siamo così preoccupati! – Cosa è successo? Perché è tutto buio? – chiesi disorientato. – Ti hanno ritrovato dentro la Galleria degli Uffizi, nudo di fronte a un certo quadro … non ricordo il nome! I medici parlano di Sindrome di Stendhal. Però c’è un fatto strano… inspiegabile … – Quale? – La tua cecità. Non si capisce … forse sei stato abbagliato da un flash prima di entrare, o forse ha una causa neurologica. Ancora non sappiamo… ci auguriamo sia temporanea.
Restai senza parole. Dai miei occhi muti scese una lacrima. Ricordai tutto. La luce, la Madonna, la passione. Il bagliore impresso nel mio corpo era reale allora. Lei, lei… dove era? Dovevo tornare agli Uffizi. – Quando potrò uscire?
– Devono fare altri esami, caro… Caro, caro… non sopportavo più di essere chiamato così. Chiesi di palare con un medico, da solo. Subito. Arrivò una dottoressa. Mia moglie uscì. Ero suggestionabile, pensai che fosse la donna della notte precedente. Ma ero cieco e non potevo verificare. Mi parlò della Sindrome di Stendhal. Delle allucinazioni, dei neuroni a specchio, di traumi che si rivivono quando l’intensità della visione di un’opera è così forte da riportarli alla luce, da ripescarli dall’oscurità dell’inconscio. – Mi parli di ciò che ha visto. Ci aiuterà a capire meglio. – Non è ciò che ho visto, ma ciò che ho vissuto. Quella Madonna era vera, era una donna. Abbiamo fatto l’amore come mai nella mia vita. Devo ritrovarla. E’ la mia luce. La prego, mi creda… mi aiuti! – Al momento la sua luce è perduta… crediamo, però, che possa recuperarla a breve, se è frutto di un evento neurologico su base psicosomatica. Domani parlerà con la nostra psichiatra. Per ora si riposi. E rifletta. Quello che ha visto è importante, fondamentale. Cerchi di ricordare. – Cercherò … Caddi in un sonno profondo. Senza sogni. Senza luce.
Il mattino seguente giunse Maria G. specialista in psichiatria. Si presentò. – Lavoro con Graziella M., la dottoressa che, per prima, ha individuato e analizzato la Sindrome di Stendhal. Mi dica cosa ricorda del dipinto. Cosa ha provato in quel momento?
Raccontai tutto: che non si trattava solo di un quadro, che avevo fatto l’amore veramente, che lei era bellissima e aveva rapito la mia anima, nonché la mia vista. Fu allora che, sfogliando la cartellina su cui annotava ciò che dicevo, estrasse una copia dell’Annunciazione del Cestello. Mi chiese di descrivere ogni particolare, per verificare che stessimo parlando della stessa opera. E potevo vederla ancora perfettamente, era impressa nella mia mente, come il negativo di una fotografia. – La sua descrizione corrisponde alla riproduzione nelle mie mani. – Non è bellissima, da togliere il fiato, il lume della ragione? – Sì… le ricorda qualcuna questa donna?
– No. – Forse … sua madre? – No.
– Una donna che ha amato, un amore non corrisposto, che l’ha fatta soffrire? – NO! Mi stavo innervosendo. Era chiaro che non capiva, che cercava nella mia mente qualcosa che esisteva nella realtà. Presi una decisione. – Firmerò per andarmene, per lasciare l’ospedale. Lei non comprende…. nessuno comprende. La dottoressa chiese se poteva contattarmi anche in seguito. Il mio caso la interessava. Sicuramente sarei finito in una tesi di ricerca di un qualche corso di laurea in psichiatria. Le detti il mio cellulare. Uscì dalla stanza. – Caro … mi hanno appena detto che vuoi lasciare… non è possibile … non vorrai andartene in queste condizioni??!! Mia moglie… e il suo “caro” ripetuto all’infinito… questo avrebbe spento la luce che avevo ritrovato in Messico. Non ascoltai ragioni, ovviamente. Firmai le carte necessarie e me ne andai. Avevo una serie di appuntamenti fissati per controlli oculari.
– Caro, tra poco saremo a casa, Irene non vede l’ora di rivederti … – Non tornerò a casa, non ora almeno … – CARO, MA CHE DICI?? – Mi chiamo Antonio e sto per tornare agli Uffizi. Da solo. Mi farò accompagnare da un tassista. La lasciai così, incredula, con le chiavi dell’auto e la valigetta in mano.
Mentre salivo le scale che mi conducevano al secondo piano della Galleria, ripresi a respirare. Una signora della biglietteria si era offerta di accompagnarmi.
Finalmente fui di nuovo lì. Mi portarono una poltroncina e mi fecero accomodare di fronte all’amato dipinto. Avevo gli occhiali da sole, ero cieco e stavo seduto di fronte ad un quadro del Botticelli. Strana situazione davvero! Sentivo i commenti dei visitatori… Non mi importava, contava solo il fatto che fossi lì.
Respiravo e gioivo. Passarono ore. Mi appisolai. E sognai. Una folata di vento mi fece rabbrividire. Era lei, mi stava chiamando. Mi svegliai di soprassalto e ricordai tutto.
Mi tolsi gli occhiali da sole. Potevo vedere nuovamente! Guardai il quadro. E lo vidi per la prima volta. E mi vidi per la prima volta. Non era lei, bensì lui, l’angelo quello che stavo cercando. Ero io, nella mia vita passata. Modello per Sandro Botticelli nel 1400. E lei la donna amata. Modella dello stesso Botticelli.
Tornai a casa la sera stessa. La mia vita intorno era scolorita. Ma quella luce dentro avrebbe gettato nuovi colori, ero pronto a dipingere una nuova tela.
Lasciai il vecchio Me alle spalle. E fu subito giorno.
CHIAROSCURI di Elena Bacarelli