Tante storie magiche
Quella luce nei tuoi occhi
Quella luce nei tuoi occhi
di
Daniela Perelli
Piccola trama della storia: Sin da piccolissimo Braiden ha sempre vissuto con il nonno in uno dei territori incontaminati dell’Alaska, l’Arctic National Wildlife Refuge, e anche se da poco tempo lui non c’è più, ha continuato con questa vita, insieme ai suoi due cani, l’unica vita che conosce e che lo rende felice. Dopo di lui, nessuno potrà più abitare questi territori selvaggi e unici e, proprio per questo, decide di accettare la proposta di un importante giornale che racconterà la sua storia, la storia delle poche persone che ancora vivono in quell’immensa distesa e di come trascorre le sue giornate. Margot è una giovane e ambiziosa giornalista, amante della vita mondana e della moda, che ha accettato una sfida con se stessa: sarà proprio lei la portavoce del giornale che pubblicherà la storia di Braiden e che le porterà un notevole avanzamento di carriera. Solo che dovrà vivere per alcune settimane con lui, seguire ogni suo passo, imparare quella vita. Solo così potrà raccontare davvero una storia vera e chissà… magari ritrovare se stessa.
Capitolo uno
Arctic National Wildlife Refuge,
settembre 2018
Braiden
L’Aurora boreale è uno spettacolo a cui i miei occhi non possono più rinunciare. Preannuncia la fine dell’estate, periodo in cui è più facile ammirarla, soprattutto quando il cielo notturno è piuttosto scuro. Ma preannuncia anche l’imminente arrivo dell’inverno e dell’oscurità totale.
Non posseggo una macchina fotografica, almeno non più: tutto rimane nella mia mente.
Tutto rimane nel mio cuore che fotografa ogni situazione, ogni più piccolo momento.
Sono sdraiato qui, su questa terra selvaggia con una vegetazione incolta, a tratti trasandata, ma proprio ciò la rende unica. Alle mie spalle la piccola casetta in legno che mio nonno, morto solo sei mesi fa, mi ha lasciato.
Il dono più prezioso dall’unico uomo che mi ha cresciuto, a sua immagine e somiglianza. L’unico uomo che è stato un padre, una madre, un fratello, un amico… Il mio tutto che mi manca immensamente ma che rivedo, proprio ora, in questo cielo stellato intriso di magia che questa terra ci permette di ammirare quando è lei a deciderlo. Perché la natura… è lei l’unica che ha il diritto di donarci ma anche di toglierci quando è il momento.
Vivo qui da che sono piccolo, io e il nonno tornavamo in città quei mesi l’anno in cui frequentavo la scuola. Le estati le abbiamo passate qui, le feste comandate anche. Ogni momento era buono per tornare e, ora che sono adulto, ora che da poco ho compiuto trent’anni, ho deciso che questa è l’unica vita che conosco. L’unica vita possibile. Io, i miei cani e migliori amici: Argo e Kim. Il mio lavoro, quando richiesto, nell’accompagnare persone, semplici turisti, lavoratori, curiosi, in aeroplano tra questi cieli infiniti. Per il resto, vivo di caccia e di ciò che la terra mi offre. Sono un predatore, ma sono anche una preda. Queste sono le uniche regole per vivere qui, in queste zone ormai protette e che, dopo di me e dopo le poche famiglie a chilometri di distanza da me, non potranno più essere abitabili. Non ci sarà nessuno, dopo di noi…
Capitolo due
New York,
settembre 2018
Margot
Guardo i fogli che il mio capo, Susan Bennet, mi ha messo sotto il naso senza neppure darmi il tempo di digerire questa notizia che, seppur so già farà decollare la mia carriera, mi terrorizza, e non poco. Passo lo sguardo da lei ai fogli sulla sua scrivania, cerco di capire se è uno scherzo, ma dalla sua espressione pare proprio di no.
“Tu sei perfetta per questo lavoro, Margot. Ne sono più che sicura: sei sveglia, intelligente, un’ottima osservatrice, attenta… Chi meglio di te può portate a termine un reportage che farà salire di livello la mia rivista. La critica è così crudele e io sono proprio stufa che Moonies sia sempre additata come una rivista femminile che parla solo di bellezza e cose frivole: no! Se cominceremo a scrivere articoli di un certo livello…” Ok, sta continuando a parlare, ma io non la ascolto più. In verità ho smesso di ascoltarla quando mi ha detto che io sono perfetta per questo lavoro… Ma è fuori di testa? Io? Sono quella dei party alla moda, dei vestiti firmati, dell’estetista ogni settimana. Sono la stessa che vive nel delizioso appartamento ereditato da mia nonna con vista Central Park… E mi viene a dire che sono perfetta per vivere un intero mese in Alaska, dove la vita è selvaggia, dove vivono solo animali feroci e per di più dovrei stare in una misera baita insieme a una specie di uomo di Neanderthal mai visto e conosciuto per poi raccontare nel giornale la vita di queste persone che hanno deciso di stare in mezzo al nulla? Oddio, forse sto sognando, non ho altra spiegazione. Mi do un pizzicotto. Ahi, sono sveglia, per la miseria!
“Susan, forse non hai considerato il fatto che, non so, magari Logan che è un uomo, potrebbe essere adatto…” Mi interrompe.
“No, ok, ascolta: so che forse può sembrarti strano che abbia deciso di mandare te, ma nessuno qui in redazione scrive articoli così brillanti e un po’ sopra le righe, neppure io che sono sempre così tradizionalista. Ti chiedo di provare, rimarremo in contatto via radio e, se proprio non vorrai più, ti prometto che tornerai diretta qui.” Via radio, ha detto? Eh, certo, cosa pretendo, di usare un cellulare in un posto che è praticamente lontano anni luce dalla civiltà? Certo che no!
“E se quel tizio fosse un pazzo, un maniaco omicida? Chissà da quanto non vede una donna…” Il panico si impossessa di me.
“Non è assolutamente un pazzo, ha poi firmato una liberatoria in cui dà il suo consenso nel parlare della sua terra. E ti dirò di più: l’Arctic National Wildlife Refuge è un territorio a cui, dal 1980, non è più stata data la possibilità di essere abitabile. Hanno concesso solo alle ultime sette famiglie rimaste di viverci, morti poi loro… verrà completamente perso…” Be’, molto toccante, in effetti, ma per me, per come vedo io la vita, un posto del genere perso lo è già e quelli che ci vivono sono dei pazzi. Tengo il pensiero per me, che poi sono sicura sia anche il pensiero di Susan. Sospiro.
“E va bene, accetto, ma voglio uno stipendio esemplare e una menzione!” Susan batte le mani come una bambina di fronte a un banchetto di dolciumi.
“Vedrai, diventerai famosissima dopo un reportage e un’avventura del genere. Già vedo le tv parlare del giornale e di te!”
“Evviva!” Sorrido poi, sarcastica. Non dovetti poi far altro che andare a casa e preparare le mie cose. Due giorni dopo sarei partita per i territori incontaminati dell’Alaska…
Capitolo tre
Arctic National Wildlife Refuge,
fine settembre
Braiden
Non posso davvero credere di aver acconsentito a una follia del genere: tra due giorni e per un intero mese, vivrà qui con me un giornalista, se così si può chiamare chi scrive per un giornale che si chiama Moonie… Il fatto è che sento il bisogno di raccontare la nostra storia, vorrei che in molti capissero il perché di questa scelta di vita e poi, in modo particolare, vorrei che il mondo sapesse di mio nonno, dell’uomo straordinario che è stato. In un certo senso ogni parola, ogni situazione che questa persona vivrà con me, qui, sarà dedicata a lui, nel suo ricordo, è il minimo che possa fare per onorare ciò che ha fatto per me. E così, dopo giorni e giorni di ripensamenti, ho firmato questa liberatoria. Ho dato il consenso perché la nostra storia venga scritta e letta, spero, da più persone possibili. Voglio che la mia terra, quando nessuno di noi sarà più qui, non venga dimenticata. Sarà completamente abbandonata a se stessa, ma mai dimenticata, e ciò mi provoca tanto conforto.
Faccio una carezza ad Argo, mentre Kim scodinzola euforica. Sono emozionati, già hanno capito che oggi si andrà a caccia. Vorrei catturare un alce, avrei la certezza di avere carne per tutto l’inverno, per me e per i miei cani, ma mi accontenterei per il momento almeno di un Calibù.
Preparo il mio fucile, le munizioni e il mio zaino: oggi cammineremo un bel po’. Per il momento ci godiamo una giornata di sole, un sole ancora piuttosto caldo, ma si sa: il tempo qui può cambiare da un giorno all’altro. Questa è la vera bellezza: il non sapere cosa accadrà, ma vivere ogni giorno in maniera unica e totale come se fosse l’ultimo…
Capitolo quattro
Arctic National Wildlife Refuge,
ottobre
Margot
“Ehm, mi scusi… ma io su quel macinino non ci salgo!” Oddio, è ancora peggio di quel che pensavo. L’uomo che credo proprio lo piloterà, e dall’aspetto bizzarro, mi guarda come se fossi io una specie di caso umano! Si passa una mano sul mento barbuto e sorride lievemente.
“Miss, è l’unico modo per arrivare alla baita, non ha altra scelta. Le assicuro, però, che può stare assolutamente tranquilla. Questi velivoli dall’aspetto trasandato, in realtà sono sicurissimi. Quindi, salga senza indugio.” Salga senza indugio? Ma è uscito da un fumetto vittoriano questo tizio? Devo ammettere però che dà una certa sicurezza il suo modo di fare. Faccio un respiro profondo, aggancio con una mano saldamente il mio trolley che, vista la capienza, spero ci stia lassù, e mi avvicino ancora un po’.
L’uomo, che ho visto ha alzato un po’ gli occhi al cielo, mi aiuta a sollevarlo e, con una forza che mai mi sarei aspettata, lo carica sul velivolo in posizione verticale, io salgo e mi siedo di fianco al mio trolley, schiacciata come una sardina. Cerco di ricompormi, di sistemare la mia costosissima coppola di Moschino. Mi sistemo anche un po’ la frangetta biondo platino che mi spunta dalla coppola e mi tocco il naso che sento un bel po’ abbrustolito visto il sole cocente, ma al tempo stesso freddo vista l’aria già fresca che qui tira. Ho indossato anche un paio di stivaletti sino al ginocchio, non sapevo che tempo avrei trovato. Mi schiarisco la voce.
“Possiamo andare” sibilo incerta. Ed ecco che di nuovo, seppur divertito, alza gli occhi al cielo. Ovviamente lo ignoro, non me la prendo di certo, capisco che proveniamo da due mondi differenti e lui si starà chiedendo cosa ci fa una snob come me in un posto del genere. Come io invece mi sto chiedendo quanto questa gente che vive in questi posti possa essere fuori di testa. Tutto qui, né più né meno. Va bene così. Che poi non sono una snob, sia chiaro, ho solo avuto un’educazione rigida dai miei genitori, frequentato buone scuole e… e niente, se solo sapessero che sono qui… Essendo loro in Italia, probabilmente scopriranno questa mia avventura una volta che il mio lungo reportage uscirà sul giornale, al momento ho preferito non farli preoccupare e neanche farmi dare della pazza. Già lo so che sono pazza e mi rendo conto di esserlo ancora di più nel momento in cui questo macinino si mette in moto e si prepara al decollo. Gesù… non sono mai stata una tanto religiosa, ma adesso le cose potrebbero cambiare ed è quando ormai siamo in volo e faccio il segno della croce, chiudendo gli occhi forte forte, che mi rendo conto che una preghiera male non ci sta, adesso.
“Apra gli occhi Miss, è uno spettacolo bellissimo da quassù, non abbia paura!” quasi urla l’uomo. E io lo faccio, ne apro uno alla volta e… non pensavo, in effetti, di rimanere incantata.
Capitolo 5
Braiden
Oggi arriverà quel giornalista, per fortuna Olmo mi ha fatto il piacere di portarlo lui, qui. Kim, essendo ancora una cucciola, ha un po’ paura di volare, non è abituata come Argo, e voglio aiutarla un po’ alla volta a superare questa paura, perché nonostante io mi allontani dalla baita saltuariamente e per poche ore, non posso lasciare i miei due cani da soli. Anche se difficile che attacchino, i Grizzly in questa terra ci sono e possono entrare nella casetta e saccheggiare il tutto, divorarsi le scorte di cibo e, nel caso i miei cani si trovassero soli sbranerebbe anche loro. Sono tutto ciò che ho, sono la mia famiglia e li amo moltissimo.
Tutti questi pensieri mi accompagnano sino a che non arrivo al fiume che ancora per poco sarà basso ma non appena il freddo giungerà, come la pioggia, sarà pericoloso, vi saranno meno argini e meno spazio per il decollo o atterraggio per il mio velivolo.
Argo e Kim sono euforici come non mai: sanno benissimo, lo sentono che sta per arrivare Olmo che, come sempre, porterà loro un po’ di leccornie, solo che questa volta porterà anche un ospite che starà qui con noi un mese. Farò vivere a questo ragazzo giornate che… credo non dimenticherà facilmente e non solo in senso buono.
Il rumore del velivolo è sempre più vicino, ora lo vedo, faccio calmare i miei cani ordinando loro di stare seduti finché non sarà atterrato e il motore sarà spento.
Non è una manovra facile, qui non siamo in un comodo aeroporto, ma Olmo è un professionista, ho imparato da lui oltre che da mio nonno e anche per me, adesso, è un gioco da ragazzi atterrare su un terrendo non proprio consono.
Una volta atterrato i cani gli corrono incontro, lui scende e, biscotti alla mano da leccarsi i baffi, si bea delle loro feste. Anche io mi avvicino e gli stringo la mano deciso come sempre.
“Ciao ragazzo, che bello rivederti, è passato un po’ di tempo.”
“Vero, troppo.” Mi è mancato, in effetti. Il mio sorriso però svanisce quando vedo che a scendere dal velivolo, con l’aiuto di Olmo, è una ragazza. E che… diciamo… non ha proprio l’aspetto di una avventuriera, ma neppure di una giornalista che può di certo vivere qui per un po’. Diciamo che, nonostante non sia altissima, pare una di quelle fotomodelle che vedo in alcune pubblicità quando quelle rare volte mi capita di stare qualche giorno in città da Olmo.
Pare un angelo, un angelo biondo con gli occhi azzurri. Sono stupito, interdetto, scioccato e forse anche un po’ arrabbiato nell’aver dato per scontato che fosse un uomo e non una specie di barbie. Per non parlare del bagaglio che sia io che Olmo tiriamo giù dal velivolo. Cerco di ridestarmi, anche perché sono un uomo, e lei è incredibilmente bella.
“Braiden Holland, piacere di conoscerla.” Si sistema un po’ impettita quel ridicolo cappellino che ha in testa e mi porge la mano che, incredibilmente, ha una bella presa forte e decisa.
“Margot Collins, piacere di conoscerla Braiden…” Il tono che usa è così spocchioso e sofisticato che fa scemare immediatamente tutta la sua eterea bellezza.
E poi, il colpo di grazia, Argo e Kim le saltano addosso per farle le feste, la buttano a terra e ora mi ritrovo con una biondina completamente sporca di fango dalla testa ai piedi e pare anche abbastanza disperata. Olmo alza gli occhi al cielo, ci saluta e, alla velocità della luce come a volersi togliere da quell’impiccio, risale a bordo del velivolo, io aiuto la signorina a rialzarsi scusandomi per i miei cani anche se dentro di me sto ridendo divertito e non poco, ci spostiamo e guardiamo Olmo decollare. Non so cosa accadrà, ma credo che sarà un completo disastro.
Capitolo sei
Margot
Ok, tuttooooo ok, non è successo nulla, è solo un po’ di fango e loro sono solo due cuccioloni. L’uomo che mi sono ritrovata davanti è un po’ più giovane di quel che pensavo e… diciamo… di aspetto rude come lo immaginavo sì, ma di certo, ecco… niente, non ho da dire niente.
“Non mi aspettavo di trovarmi di fronte una…” comincia a dire squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Una donna? Crede che una donna non sia in grado di fare questo lavoro?” domando impettita, interrompendolo. Il suo sguardo teso pian piano si addolcisce.
“No, ma non per quello che pensa lei, certo che una donna è in grado di fare un mestiere come il suo, mio nonno mi raccontava sempre che mia madre conciava le pelli… Solo che, da come la direttrice del giornale parlava, avevo dato per scontato che lei fosse un uomo, tutto qui.” Fa spallucce. Lo so, a volte sono proprio prevenuta e una gran rompi scatole. Certo è che quella infame del mio capo non è stata proprio trasparente nel dare informazioni, né con lui né con me.”
“E poi, se mi permette, i suoi vestiti non sono proprio adatti” continua questa volta con un sorrisetto divertito che spunta dalla sua barba incolta, da cui spuntano anche denti bianchi e perfetti.
“Ho con me il vestiario adatto, non deve preoccuparsi, Braiden. Non si accorgerà neppure di me, io la seguirò nelle sue giornate, prenderò appunti con il mio tablet, e registrerò qualche audio con il mio registratore, mi spiegherà del suo lavoro e io imparerò quello che ci sarà da imparare cosicché il reportage dedicato a queste terre sia il più veritiero ed emozionante possibile” dico in tono convinto ma anche un po’ di sfida. Sì, è vero, posso sembrare una svampita della società bene e sì amo la moda e le comodità, ma il modo in cui questo tizio mi guarda, come se fossi una piccola e insignificante pulce, nonostante il suo tono gentile, è proprio ciò che leggo nei suoi occhi… grandi… profondi e verdi… Ecco, diciamo che gliela farò vedere io a questo troglodita. Gli sorrido e lo seguo, mentre con facilità e senza il minimo sforzo porta il mio trolley e i suoi cani mi camminano intorno scodinzolanti e felicissimi di avere una novità qui con loro.
Li osservo e sorrido. Ma mi ridesto subito e continuo a camminare.
Capitolo sette
Argo
Certo che non avevo mai visto il mio padrone Braiden così in imbarazzo, anche se cercava di nasconderlo. Un po’ come mi sono sentito io quando, dopo diversi mesi che eravamo solo io e lui perché il nonno era morto, e mi sono ritrovato questa cucciola che a quanto pare mi assomiglia anche un bel po’; siamo della stessa razza. Solo che io non ero così vivace, da piccolo. Cerca sempre di fregare la copertina dove dormo e, alla fine, visto che è piccola, gliela lascio pure e cerco di sistemarmi come meglio posso sulla sua nonostante sia piccolissima. Come dicevo, all’inizio ero un po’ geloso di Kim, ora invece le voglio proprio bene e, nonostante sia ancora un po’ fifona, è una compagna di avventure perfetta. Ma anche una gran mangiona, aggiungerei. Come me va matta per il pesce che Braiden sempre con tanto affetto non ci fa mai mancare, soprattutto durante l’estate quando è un po’ più semplice pescare. Durante l’inverno, invece, a quanto pare, per vivere qui dobbiamo mangiare molto di più, e carne soprattutto per mantenerci forti. E io non vedo l’ora di andare a caccia di un alce con lui, nella speranza di prenderne uno così da essere tranquilli per il rigido inverno. Chissà come sarà a caccia questa nuova ragazza che per un po’, anche se ancora non ho ben capito il perché, vivrà con noi e che… sì, non mi sbaglio: Braiden è proprio in imbarazzo, come lo ero io con Kim quando è arrivata. Anche se lo conosco bene, l’imbarazzo passerà presto e sarà bene che questa signorina Margot che ha davvero un buon profumo, si abitui presto alla vita difficile che conduciamo qui. Vita difficile che però mi rende tanto, tanto felice.
Capitolo otto
Margot
“E loro, come si chiamano?”, domando improvvisa per spezzare questo silenzio una volta che raggiungiamo la baita che, nonostante debba ammettere che è ben tenuta e pulita, pare comunque un tugurio per quanto è piccola e con poca luce al suo interno.
“Argo e Kim”, mi risponde Braiden. Sono un po’ titubante non avendo mai avuto a che fare con dei quattro zampe.
“Se li accarezza in questo modo loro sentono che ha paura e potrebbero morderla” mi dice con uno sguardo che non promette nulla di buono. Ma davvero Susan mi ha mandata qui? Non sto sognando? Dovrò vivere sotto lo stesso tetto in un posto dimenticato da dio con questo tizio che ogni volta che mi osserva mi fa sentire una stupida.
Lascio perdere e non accarezzo i cani, mi schiarisco la voce e mi avvicino alla mia borsa che ho appoggiato sul tavolo quando sono entrata, tiro fuori il mio taccuino.
“Dunque, dovrei annotare uno schema di quelle che saranno le nostre giornate così da poter fare un reportage accurato da accompagnare alle fotografie.” Scosta un po’ il capo di lato e mi osserva, facendomi cenno di accomodarmi.
“Gradisce un tè, un caffè…”
“Un tè, grazie” rispondo e si mette subito all’opera.
Si toglie la giacca a vento, sotto ha una maglia a maniche corte che gli accompagna in maniera armoniosa il corpo molto possente. Ha davvero l’aria di un uomo delle caverne, solo che non pensavo avesse un certo… fascino? Ma cosa vado a pensare. Mi ridesto subito, nel frattempo è girato di schiena e prepara il tè.
“Domani, per prima cosa, andremo a caccia” dice improvviso.
“Oh” rispondo, non riesco ad aggiungere altro, in verità.
Siccome non aggiungo altro, si gira a guardarmi, incrocia le braccia al petto e mi osserva.
“Qui, per poter sopravvivere al rigido inverno è importante riuscire a cacciare un alce, la sua carne è sufficiente per me e per i miei cani, oltre un po’ di pesce.” Comincio a prendere appunti, anche se in realtà vorrei scappare via al solo pensiero di andare a caccia… io? Vedere uccidere un alce innocente? Mi faccio coraggio mentalmente da sola, non posso mollare, soprattutto non voglio dare soddisfazione a questo energumeno che sogghigna divertito, convinto che una come me qui durerà poco. Certo, non si aspettava una donna, quella simpaticona del mio capo ha solo “dimenticato” di accennargli questo piccolo dettaglio.
Alzo il mento decisa e mentre lo guardo negli occhi gli dico:
“Non vedo l’ora di vederla all’opera, Braiden.” Mi passa il mio tè.
“Ottimo, sarà una giornata che difficilmente dimenticherai, Margot” termina dandomi improvvisamente del tu, mentre si siede di fronte a me e comincia sorseggiare il suo tè. I suoi cani appoggiano entrambi il muso sulle sue gambe, il più piccolo a fatica, essendo ancora cucciolo ci arriva appena ed io non posso fare a meno di pensare che… non ho mai visto prima d’ora una scena più dolce e colma d’amore…
Capitolo nove
Braiden
Non so come sia possibile, ma la giornata passa in un lampo. Ho passato almeno tre ore seduto a tavola con una giornalista a parlare di come passeremo le nostre giornate. Io, un lupo solitario, che decido, faccio progetti con un’altra persona… una donna… So che è un lavoro per lei, so che io sto facendo tutto questo in memoria di mio nonno, della nostra terra che un giorno sarà davvero abbandonata, nessuna nuova generazione sarà più qui ad abitarla, eppure per un po’, per pochissimo tempo, mi sono sentito un uomo nuovo e parlare. Decidere con qualcuno è stato bello quanto spiazzante. Cerco di cacciare via questi pensieri, però. Non posso di certo fantasticare su questa ragazza che è lontana anni luce da me, dal mio mondo. Le donne che frequento, poche in verità, quando passo alcuni periodi in città, sono comunque più simili al mio modo di vivere, nonostante non mi sia mai innamorato di nessuna di loro. Eppure, questa ragazza, il fatto che non abbia nulla in comune con me, mi diverte, mi intriga. Non vedo l’ora di vederla da domani, alle prese con la vita razionale e cruda di qui. Lontana dal suo mondo che deve essere roseo e perfetto. Sì, mi gusterò ogni momento di questa esperienza.
Capitolo 10
Margot
Ho dormito in soffitta, se così si può chiamare un minuscolo spazio che contiene appena un letto. Quando ho chiuso gli occhi, ho rivissuto esattamente quella strana giornata. Il racconto di Braiden su come le giornate erano lì, la cena preparata da lui con maestria e devo ammettere che il pesce cucinato al cartoccio in una vecchia stufa è davvero delizioso. Per la prima volta mi sono sentita in imbarazzo, non so cucinare, per la verità sono bravissima solo a scaldare cibi precotti o ad andare a mangiare al ristorante vicino al giornale. Per lo più insalate, torte di verdure con coperti così raffinati e ordinatamente disposti che alle volte mi dispiace quasi rovinare il piatto così ben colorato. Ieri sera, invece, ho mangiato in due piatti sbeccati che credo abbiano passato molte generazioni e due porzioni talmente giganti, accompagnate da quelle che lui chiamava patate, ma che a me sembravano più delle radici di zenzero.
“Queste sarebbero delle patate?” gli avevo domandato prima di cominciare con la prima forchettata.
“Assaggiale, sono buonissime, non fermarti all’aspetto” mi aveva risposto. Lo avevo guardato un po’ male, lo ammetto, in maniera fine mi stava dando della superficiale e, sebbene non avesse tutti i torti, ci ero rimasta un po’ male. Da quando in qua mi dava fastidio il giudizio degli altri?
Comunque le ho davvero assaggiate e aveva ragione, erano deliziose.
“Dove le hai comprate?” Sorrise e poi si pulì la bocca con il tovagliolo prima di rispondere.
“Le ho raccolte, sono selvatiche e crescono ai margini del fiume.” Annotai mentalmente questo dettaglio che poi avrei appuntato nel mio taccuino e nel mio tablet. Non avevo risposto, mi ero limitata ad annuire e ho continuato a mangiare.
“Ore 6:00, di un fresco martedì due ottobre, il primo giorno lo passeremo a caccia di un alce.” Ho registrato questo dettaglio a voce, credo che lo farò ogni giorno con il mio piccolo registratore. Mi sistemo come meglio posso, indosso un paio di fuseaux e un maglioncino, proprio come quando sono in Italia, a Torino dai miei genitori, che vivono in campagna.
Scendo giù e lo trovo seduto sul letto, i suoi cani accucciati vicino a lui, ha il fucile in mano. Mi fermo per un attimo sull’ultimo scalino.”
Buongiorno” mi dice continuando a maneggiare il fucile.
“Buongiorno…” rispondo stringendomi nelle spalle.
“Sto preparando il fucile per andare a caccia, non devi avere quella faccia terrorizzata” dice un bel po’ divertito.
“Non sono assolutamente terrorizzata” rispondo impettita e poi continuo.
“Dovrei… sì, insomma… andare in bagno e rinfrescarmi…” dico imbarazzata, sento le guance prendere fuoco. Il mio capo me la pagherà, eccome se me la pagherà!
“Fai pure, facciamo colazione e si parte tra mezzora.”
Ritorno su, prendo i miei asciugamani e i saponi da viaggio e corro a prepararmi.
Capitolo 11
Braiden
La osservo e capisco che mi sono sbagliato su di lei: non sul fatto che sia una ragazza sempre vissuta nel lustro e nelle comodità, perché solo a guardarla è molto evidente. Sprigiona una forza e una determinazione che parte da dentro di lei, anche se non lo mostra. Mio nonno mi diceva sempre di non fermarmi all’apparenza e così sto facendo con Margot, anche se ammetto che appena l’ho vista ieri scendere dal velivolo l’avrei rispedita indietro senza troppi convenevoli. Non riesco ad aggiungere altro, sono solo contento di non averlo fatto anche se questa felicità mi mette davvero a disagio.
Terminata la colazione, prepariamo le ultime cose prima di uscire e incamminarci, Margot è finalmente vestita in modo adatto per il posto, porta anche uno zainetto e sembra molto imbarazzata, quando io invece penso che stia benissimo così, semplice, ma soprattutto senza tutto quel trucco che le copre un viso candido ed etereo. Mi soffermo un po’ troppo a guardarla e lei se ne accorge. Mi guarda anche lei, per qualche secondo in più ma poi abbassa lo sguardo e io faccio lo stesso.
Argo e Kim ci vengono dietro entusiasti: avendomi visto armeggiare con il fucile hanno capito che oggi si andrà a caccia, nella speranza questa volta di trovare una preda, per sopravvivere all’inverno.
“Andremo a piedi?” mi domanda quando si accorge che stiamo camminando un po’ troppo per raggiungere qualsivoglia mezzo.
“Sì, a parte il velivolo e la motoslitta, non ho altri mezzi, qui.” Sembra sconvolta, il suo corrucciare le sopracciglia mi fa sorridere.
“Non hai neppure un fuoristrada?” domanda.
“No, perché, ti crea problemi camminare?” le domando fermandomi di fianco a lei. Sembra di nuovo stizzita, prende dalla tasca della giacca a vento il tablet e annota qualcosa.
“Cosa stai scrivendo, adesso? Non abbiamo neppure cominciato la giornata.” Mi guarda di traverso.
“Non hai un fuoristrada, ecco cosa sto scrivendo, voglio annotarlo perché mi sembra incredibile e assurdo. E, comunque, no, non mi crea problemi camminare, sono una sportiva, io!”
“Ah, non lo avrei detto” rispondo senza aggiungere altro, continuo a camminare come se nulla fosse, sento solo che dice qualcosa sottovoce, forse mi ha dato del troglodita maleducato. Non ha tutti i torti, in effetti, ma cosa ci posso fare? Vivo solo da troppo tempo, e mio nonno quando era ancora vivo era peggio di me, quindi non posso farci nulla. Percepisco un suo sospiro profondo, mentre prosegue.
“Siccome suppongo che cammineremo un bel po’, ti andrebbe di raccontarmi qualcosa su di te e di tuo nonno? Accendo il registratore, così riporterò per filo e per segno le tue parole.” Ci penso un po’ su, perché parlare di mio nonno con qualcuno fa tanto male, ma ho accettato tutto ciò, non posso tirarmi indietro e la mia storia comincia proprio da lui. Così, inizio a raccontare…”
Capitolo 12
Kim
Sono nata da pochi mesi ma sto già imparando tutto e voglio bene a Argo, ma soprattutto voglio tanto bene a Braiden e non lo ringrazierò mai abbastanza per il cibo buono che ci dà, togliendoselo spesso lui dalla bocca, quando la caccia non dà buoni frutti e la carne non è sufficiente. Peccato che non ho conosciuto nonno Braiden. Ora sta raccontando tutto a Margot, è così gentile e simpatica anche se ha un po’ timore di noi. In fondo è normale, non ci conosce ancora.
Mi piace ascoltare Braiden mentre parla di suo nonno: i suoi genitori sono morti in un brutto incidente in macchina, forse anche per questo non vuole averne una e anche quando siamo in città preferisce camminare. Lo sta dicendo a Margot e la cosa mi stupisce davvero, non ne parla tanto volentieri se non con me e Argo, soprattutto quando si sente tanto tanto solo. E poi noi non lo giudichiamo, noi lo amiamo e basta. Il viso di Margot cambia subito quando Braiden gli confessa del perché non vuole macchine e neppure fuori strada: un fuori strada ha scontrato la macchina dei suoi genitori uccidendoli sul colpo e anche quell’uomo alla guida era morto per le contusioni, in quanto era già piuttosto anziano. Nonno Braiden lo ha cresciuto come un figlio, gli ricordava poi sua figlia, la mamma di Braiden, a quanto pare hanno gli stessi occhi grandi, dolci e gentili, solo che ha tanta di quella barba sul viso che toglie l’attenzione e poi lo fa risultare ancora più scorbutico di quanto in realtà è. Nonno Braiden lo ha portato qui con lui, lo ha cresciuto nella stessa baita dove ora noi viviamo tutti e tre assieme, andavano in città solo per far sì che lui andasse a scuola regolarmente e poi – o durante le feste, o nei fine settimana – per tutta l’estate tornavano qui. Non aveva quindi molti amici, solo quelli di scuola e il bimbo di un’altra famiglia che fino a qualche tempo fa veniva qui solo in estate. Hanno giocato molto assieme e ogni tanto si sentono, sono davvero davvero amici, solo che lui, mi pare abbia detto che si chiama Lucas, è sposato e ha una bambina, vive e lavora in città e per questo si vedono poco, ma l’affetto non cambia mai. Braiden è così solitario, lui fa vedere di essere felice, ma quella luce nei suoi occhi non c’era prima che questa Margot venisse qui, con noi. Spero tanto che non se ne andrà mai, anche se da quel che ho capito è qui per lavoro. Sono piccola ma non per questo non capisco, osservo e imparo dal mio fratellone Argo che mi sta insegnando, insieme a Braiden, a non avere paura. Piano piano imparerò, per il momento voglio dimostrare a Margot quanto le voglio bene, sperando che non ci lasci più…
Argo
Punto in lontananza: il mio olfatto non mi tradisce mai, non molto distante da qui c’è un alce, lo sento, non mi sbaglio. Vado vicino a Kim, strofino il muso contro il suo, un gesto per farle capire che non deve assolutamente abbaiare, non deve far allontanare l’alce ancora di più. Gli sto insegnando tutto quello che so sulla caccia, sulla sopravvivenza, è piccola ma grazie a me e a Braiden diventerà forte e coraggiosa. La vedo poi scostarsi e avvicinarsi a Margot e, devo ammettere, che comincia a starmi simpatica, anche se lo sento che di noi ha ancora un po’ paura. Kim è dolcissima con lei, capisco cosa ha in mente, io invece sono più diffidente perché so che Braiden sarà triste quando lei se ne andrà. Non lo ammetterà mai, non parlerà neppure una volta di lei, neppure con Olmo, il vecchio amico con il velivolo. Ma io lo sentirò, lo percepirò proprio sin dentro la sua anima. Con me non può fingere, io sentirò il suo dolore e lo farò mio.
Capitolo 13
Braiden
Tiro fuori dallo zaino vecchi rami che ricordano corna di alce e li sfrego contro il tronco dell’albero che abbiamo proprio qui di fronte, sotto gli occhi attenti di Margot che non posso fare a meno di notare ha gli occhi lucidi. Quello che le ho raccontato l’ha toccata, molto. Quando si accorge che la sto guardando, si ridesta velocemente e tira fuori dalla tasca della giacca il registratore.
“Questo è un metodo per attirare le alci, giusto?” mi domanda, indossando nuovamente quella maschera di compostezza che oramai ho capito la contraddistingue. Quando si vive a stretto contatto con una persona in un posto come questo, e non devono necessariamente essere mesi o anni, bastano poche ore o pochi giorni, si impara a conoscere davvero. Questa terra così selvaggia, così isolata dal mondo reale, ti porta a fare i conti con te stesso, a riflettere e a capire anche chi ti sta accanto. Ed è ciò che sta accadendo a me, proprio come a Margot che, per la prima volta in vita sua, è lontana dal suo vivere mondano.
“Esattamente, faccio credere loro che nelle vicinanze ci sono dei loro simili, per avvicinarli o semplicemente per rallentarli in modo che io sia più vicino a loro.”
Sembra affascinata ma in un certo senso non sicura.
“Che rapporto hai con gli esseri viventi? Non ti dispiace ucciderli?” Mi aspettavo questa domanda.
“Tu non mangi carne? Sei per caso vegetariana?” le domando.
“No, non sono vegetariana, ma non mangio neppure molta carne, il giusto direi.”
“E non ti dispiace?” Sembra pensierosa.
“Non ci ho mai pensato, in effetti. Vai in macelleria o al supermercato, la compri già pulita e tagliata…” Non prosegue.
“Ho lo stesso rapporto che hai tu: rispetto la vita e gli esseri viventi. Vedi” mi fermo solo un attimo per posare il fucile a terra mentre Argo e Kim si riposano accanto a me e poi continuo, “Qui io non sono come un comune cittadino, io prendo solo ciò che mi permetterà di sopravvivere, diverso è se vivi in città. Ho molto rispetto per gli esseri viventi, ciò che questa terra mi offre io la offrirò a loro un giorno. Come gli animali si uccidono tra di loro per mangiare, non per un passatempo: l’alce che spero catturerò darà da mangiare a me e ai miei cani, con la sua pelliccia potrò fare degli stivali per la neve, visto che durante l’inverno la temperatura scende anche a meno cinquanta. Un orso potrebbe uccidere un alce… questa è la vita qui. Dona alla terra ciò che lei donerà a te, rispettala e lei rispetterà te.” Alle mie ultime parole segue un lungo silenzio accompagnato solo dal click del registratore che Margot spegne. Non diciamo più nulla, continuiamo a camminare e, quando finalmente vedo un alce, controllo che non abbia i piccoli con sé, sono solo un gruppo di adulti. Faccio segno a Margot di rimanere in silenzio, i cani già capiscono, solo la piccola ci mette un po’ di più a stare buona. Prendo la mira e sparo. Margot si porta le mani sulle orecchie e stringe gli occhi, una lacrima scivola via dal suo viso. Questa vita è ancora peggio di ciò che pensava, per lei.
Capitolo 14
Margot
Quando si avvicina all’alce lo seguo con il cuore in gola: ciò che mi ha detto è stato così vero, così toccante e al tempo stesso reale, non è facile da accettare ma ha senso. Siamo tutti degli ipocriti, il messaggio è arrivato forte e chiaro. “Dona alla terra ciò che lei donerà a te, rispettala e lei rispetterà te.” Credo che porterò questa frase con me per sempre, non la dimenticherò mai e, se dovessi, mi basterà accendere il registratore e ascoltarlo di nuovo. Controlla che l’alce sia morto e, sotto gli occhi felici dei suoi cani che ci girano intorno, gli altri sono scappati via. Poi, con una abilità incredibile, porta l’alce sulle sue spalle, tiene le zampe bloccate con le braccia contro il suo petto e mi dice un semplice “andiamo” e io, come un automa, lo seguo. Pensando tra me e me che… in vita mia mai avevo conosciuto un uomo con la U maiuscola come lui. Il mio ex ragazzo mi sembrava già un duro perché faceva arti marziali, e ora mi rendo conto che un uomo che sa provvedere a se stesso senza l’aiuto di nessuno, un uomo che non chiede aiuto, che non si fa autoscatti per poi postarli sui social, un uomo a cui non importa nulla della moda o di profumi costosi, un uomo che sa di sapone al Marsiglia e terra… no, non c’è nessuno come lui.
Capitolo 15
Kim
Il ritorno è davvero entusiasmante, già immagino la nostra porzione di cibo caldo in baita di fronte alla stufa oppure, visto che una di queste sere ci sarà di nuovo l’Aurora boreale, magari staremo un po’ fuori, sulla stuoia e con la coperta addosso, ad aspettare di vederla. La sera fa freddo, ma è così bello guardare le stelle nel cielo, e poi sarà la seconda volta che vedrò l’Aurora boreale, Braiden ne parla ogni tanto con Olmo, l’uomo del velivolo… Ma, all’improvviso, qualcosa va storto.
Capitolo 16
Margot
Quando comincio a pensare che tutto sommato non è poi così male vivere qui, stare a contatto con la natura, ritrovare se stessi, ecco che, come una cretina, inciampo nella radice di un albero, ma non mi limito solo a cadere in avanti. Cado in avanti, solo che il piede sinistro si storce perché rimane incastrato nella radice e… porca miseria che dolore! Braiden, veloce come una gazzella, mette giù la carcassa, si toglie lo zaino e posa il fucile, mi viene incontro.
“Ehi, sta ferma, non cercare di estrarre il piede altrimenti finisce che te lo rompi.”
“Oddio, che dolore.” Sento Braiden che controlla il mio piede e, molto delicatamente, riesce a sfilarlo via. Mi appoggio al tronco, Argo e Kim mi vengono vicino e cominciano a leccarmi la faccia! Oddio, io, che mi faccio leccare la faccia da due quattrozampe. Io, che son sempre stata lontana anche da minuscoli barboncini e chihuahua, provo subito un senso di gioia e appagamento per l’affetto che mi stanno mostrando queste due creature e, per un attimo, dimentico il dolore. In fondo il loro intento è proprio questo.
Braiden, sicuro di sé e senza perdere tempo, mi toglie la scarpa e la calza e io vorrei morire dalla vergogna. Lo tocca di lato delicatamente.
“È gonfio, ma nulla di grave, potevi rompertelo. Sembra si tratti di una piccola distorsione. Aspetta” continua, appoggiando il piede delicatamente a terra e allontanandosi un attimo. Io lo guardo, o meglio, devo ammetterlo, lo ammiro. E un po’ invidio questa sua sicurezza, questo suo sapere sempre cosa fare, come cavarsela in ogni situazione. Mi sento sempre di più sciocca e incapace, vicino a una persona come lui. Viziata, insensibile… Oh, insomma! Mi sento tutto ciò che non mi sono mai sentita!
Vedo che raccoglie alcune piante, e un po’ di fango vicino ad altre radici, fa una poltiglia e poi si avvicina e me la posa sulla parte del piede gonfia. Io non dico nulla e continuo a osservarlo, per la prima volta non ho assolutamente voglia di annotare nulla, non c’è alcun bisogno in verità di annotare una cosa che non potrò mai dimenticare, perché resterà sempre impressa nel mio cuore.
Tira poi fuori una garza dallo zaino e la avvolge intorno al piede, mantenendo ben ferma quella poltiglia che ha preparato sul momento.
“Questa pianta selvatica è ottima per i gonfiori, appena arrivati alla baita ti metterò del ghiaccio. Per il resto tutto ok? Hai dolore da qualche altra parte?” mi domanda, infine.
“No” rispondo.
“Hai fatto un bel capitombolo!” continua, ora mi guarda e mi sorride, prima di mettere la calza e lo scarponcino nello zaino.
Sospiro. “Già, e ora, come faccio a…” non faccio in tempo a finire la frase che mi ha già presa in braccio. Per fortuna non soffro di vertigini, da quassù il mondo è davvero piccolo. Pensiero stupido per scacciare la bellissima sensazione che sto provando tra le braccia forti di questo… uomo meraviglioso.
“Siamo a dieci minuti, ti porto e poi torno un attimo a prendere la carcassa, sperando che nel frattempo un Grizzly non sia più veloce di me!” dice, divertito dalla mia faccia terrorizzata.
“Un grizzly? Vuoi dire uno di quegli orsi giganteschi e feroci che uccido essere umani nei film?”
“Esagerata! Sono solo dei cuccioloni!”
“Cuccioloni…” ripeto mentre mi scorta e, sono sincera, gli cingo le mani intorno al collo. Ci guardiamo per un secondo di troppo e… “C’è qualcosa nei tuoi occhi”, penso tra me e me. Distoglie subito lo sguardo, come se mi avesse letto nel pensiero. Argo e Kim sono di fronte a noi, come se volessero aiutarci indicandoci la strada.
Capitolo 17
Braiden
La faccio sedere delicatamente sul letto e, cercando di non farle male, sfilo via la garza per controllare il piede che, grazie all’impacco, non si è gonfiato ulteriormente. Mi allontano per prendere del ghiaccio dal freezer, cercando di non pensare a cosa ho realmente provato quando mi ha cinto le braccia intorno al collo. In quel momento l’avrei baciata, ecco cosa avrei fatto, e mi sono sentito spiazzato. Perché per quanto mi sia sempre piaciuto frequentare donne senza il minimo impegno, con lei sento qualcosa di diverso. È come se percepissi già la sua mancanza, quando se ne sarà andata. Quando sono stato, l’inverno scorso, per un mese in città per via della morte di mio nonno, mi sono sentito tanto solo. Ho conosciuto una barista che per un periodo ha lavorato nel locale dove ogni mattina andavo a fare colazione. Era bellissima, procace, affascinante, ho passato davvero giornate e notti incredibili con lei e quando mi aveva detto che si stava innamorando di me e che sarebbe stata disposta a vivere qui con me, tutta la magia è finita. Sono stato sincero, non provavo nulla di più se non attrazione. Ora, invece… sento qualcosa di diverso ed è anche abbastanza ridicolo, è certo bellissima e anche intelligente, Margot, ma non abbiamo nulla in comune. Avevo molto in comune con quella ragazza, invece, che però non ho voluto nella mia vita. Invece, lei… non so spiegare, ma di certo non andrò a scavare a fondo nei miei sentimenti.
Avvolgo il ghiaccio in un panno e lo poggio sul suo piede.
“Tienilo così per un po’” le dico, prima di girarmi e uscire di fretta e furia per andare a recuperare la carcassa dell’alce.
Capitolo 18
Margot
“Era ancora lì?” gli domando quando rientra dopo circa venti minuti. Mi sorride, ma mantiene una certa distanza.
“Sì, e dovrò sbrigarmi a lavorarci per essiccare la carne.”
“Essiccare? Come facevano gli indiani?” gli domando cercando di non pensare al dolore al piede e ritornando in modalità lavorativa.
“Esatto. La pelliccia invece la concerò e ci farò degli stivali per l’inverno.”
“Mi passeresti il mio zaino? Devo prendere appunti e…”
“E?” si avvicina.
“E se potessi passarmi la macchina fotografica, vorrei controllare gli scatti: spero di aver immortalato i momenti più interessanti.”
Mi passa entrambi e si siede vicino a me.
“Come mai hai scelto di fare questo lavoro?” mi domanda, interessato.
“Da quando sono piccola ho sempre letto riviste e giornali, ho sempre amato la moda. Ora però, grazie a questa opportunità, chissà, potrei continuare a occuparmi di dossier, e accantonare il mio lavoro un po’ troppo alle luci della ribalta. Meno gossip, moda, star del cinema e più…”
“Vita vera” termina, guardandomi negli occhi. Sono un po’ risentita.
“Anche la mia è vita vera” rispondo. “Sono qui, respiro, lavoro, ho fatto anche carriera…”
“Hai vissuto, hai ammirato, non hai più paura dei cani, sei caduta e ti sei fatta male. Eppure, sorridi. Avresti sorriso così, se ti fosse accaduto durante un servizio di moda?” Mi coglie del tutto impreparata, sono passati pochissimi giorni eppure questa vita così distante da tutto ciò che mi ha sempre caratterizzata, ha scalfito qualcosa in me. Lo guardo negli occhi e lui fa lo stesso con me. In maniera del tutto irrazionale scosto una mano e la avvicino al suo viso, gli accarezzo una guancia coperta dalla barba incolta. Credo di non aver mai visto occhi più belli e profondi, ricchi di vita e conoscenza, dei suoi. Mi avvicino per quel che riesco, lui mi viene incontro… Un bacio, è proprio ciò che accade.
Capitolo 19
Kim
Io e Argo siamo qui seduti, immobili, non osiamo muoverci, fiatare. Il nostro amico umano e la ragazza si sono dati quello che loro chiamano bacio. Forse non è tutto perduto, forse Braiden sarà davvero felice con lei, e lei sarà davvero felice con lui. Quando però ci accorgiamo che il momento magico tra loro sta finendo, e lo capiamo dagli sguardi insicuri quando smettono con il bacio, ci avviciniamo e in maniera volutamente invadente facciamo un sacco di feste sia a lei che a lui. Mi basta poi lo sguardo del mio fratellone per capire che è ora per noi di intervenire: abbiamo una missione e quella missione è di non far più andare via la nostra nuova amica Margot.
Capitolo 20
Margot
Sono passati due giorni dal nostro bacio, non ne abbiamo più parlato, abbiamo fatto finta che nulla fosse accaduto: concentrati sulle giornate, io che prendo appunti, faccio foto e registro, Braiden che come un perfetto insegnante spiega tutto ciò che fa e che avviene in ogni minimo dettaglio.
Eppure… È sera ormai, una sera che credo sarà particolare, Argo e Kim sono felici, euforici, Braiden sta preparando una coperta che sistema delicatamente fuori, di fronte alla casetta. Si accorge che lo osservo con sospetto.
“Il cielo è molto scuro, è possibile che riusciremo a vedere l’aurora boreale, stanotte” mi dice, come a leggermi nel pensiero.
Mai in vita mia avrei pensato di poter ammirare un simile spettacolo e invece è proprio ciò che avviene dopo più di un’ora, con il viso sollevato verso il cielo. Nessun registratore, niente appunti, scatto solo una fotografia. Mi basterà guardarla per descrivere ogni sensazione provata, mai avrei pensato che, un giorno, la mia vita sarebbe cambiata per sempre e sarei tornata qui, insieme a lui per sempre, un po’ più di tecnologia e… tra le mani il mio libro sulla storia di Braiden, Kim, Argo, un po’ di me e di questa terra.
Avrei continuato con il mio lavoro da giornalista freelance, avrei cambiato totalmente la mia vita sentendomi felice e appagata come non mai.