Tante storie magiche
L’EPIFANIA TUTTE LE FESTE SI PORTA VIA
Era il 1987 Vestivamo Moncler dai colori improbabili, affollavamo i Burghy del centro, facevamo lampade, ci truccavamo con la terra e appena possibile scappavamo a Cortina. Erano gli anni in cui i ragazzi degli anni ’80 decidevano il loro futuro che tutti volevamo fosse da yuppies in carriera qualunque fosse la nostra condizione di partenza perché allora si diceva, Milano regalasse a tutti un’opportunità. Erano gli anni come direbbe Max Pezzali delle immense compagnie che poi inevitabilmente nel tempo finirono col perdersi di vista e lasciare spazio solo alle amicizie storiche. Con una di queste grandi compagnie uscivo anche io. Il #bomber nero, il fiocco di pizzo a domare i ricci vero must degli anni 80, la camicia #nayoleari (quasi non ricordo più nemmeno come si scrive) che spuntava dal pull a costa inglese sui jeans rigorosamente #Americanino… e tutte le altre sciocchezze che si usavano allora. Eravamo diversi dai ragazzi di oggi? Assolutamente no e chi sostiene il contrario si è tristemente dimenticato di esser stato adolescente. In questo gruppo di amici che pensavano al proprio futuro costellato di auto di lusso e vacanze ai Caraibi in pieno mood 80s c’è n’era uno un po’ strano, o almeno così lo percepivamo noi. Un ragazzo con possibilità molto diverse dalle nostre che (mi resi conto nel tempo) raccontava molte bugie per essere accettato e sentirsi come gli altri. Sognava la musica, amava suonare e amava le grandi sale di registrazione dove tentava di essere assunto. Scoprii poi anche mi corteggiasse, ma io avevo altri interessi, altri obiettivi e soprattutto ero in partenza, arrivava per me il tempo di Parigi.
“Ciao ragazzi, ci si vede presto” “Su i bicchieri… Ohhhhhhhhle!”
Baci, abbracci, l’aeroporto e via tra Montmartre e la tour Eiffel.
Autunno 1990 Soni in attesa delle amiche in clamoroso ritardo davanti a Biffi…
“Hey ma tu sei Max!!! Come stai?!”
Sfugge, è mal vestito, mi racconta che ora vive in Germania e che lavora in campo musicale in una grande casa di produzione. È in Italia per pochi giorni, deve fare delle commissioni urgenti.
“Ci vediamo per un caffè?!” “Ma si dai, uno di questi giorni ti chiamo”
Da quell’incontro in Galleria non lo rividi più. Dopo l’aperitivo in centro con le amiche la cena di bentornata… “Tutto bene? Sei pensierosa… ti manca Parigi?” ” No… solo… ve lo ricordate Max?” Gli amici cenano, qualcuno ride, altri chiacchierano da capotavola li osservo, tutti stanno portando a compimento o hanno già portato a compimento i loro sogni, ognuno ha trovato la propria strada a volte quella immaginata da bambini altre cambiata in corsa, ma tutti realizzati o in via di realizzazione. “Si, ma sono anni che non si vede in giro” “Si ma era così strano” “Su i bicchieri… Bentornata baby!!!”
Estate 2016
“Figlia hai da fare qualcosa di assolutamente irrimandabile o mi puoi dare una mano?!” Non è mai una richiesta, è un ordine. “Ho appuntamento con un fotografo e non posso tardare, quanto tempo ti serve?” “mezz’ora, devo fare la distribuzione…” A mamma Dama di San Vincenzo si può mai dire di no?!
Siamo davanti a una casa che non ho mai visto, mai notato prima, eppure chissà le volte negli anni che sono passata davanti a questo cancello. “Ma è una casa popolare? Da quando è li?” “Almeno 40 anni! Puoi suonare per favore?”
Mamma mi da un nome, un nome che mi blocca davanti al citofono, possibile?! Eppure non è un nome comune, non possono essercene altri qui… Scende una donna, molto dimessa, stanca, non sono in grado di darle un’età, da giovane doveva essere bella, ma la vita e il tempo l’avevano sfiorita in fretta.
“Buongiorno come sta? Questa è mia figlia oggi mi fa da aiutante, le serve altro?” “Come sei bella, avrai più o meno l’età che avrebbe mio figlio, magari lo conoscevi?”
Resto gelata, ne sta parlando al passato, non so cosa rispondere, ho paura a intavolare una conversazione, riesco solo ad annuire, ma il gesto è sufficiente perché lei si sciolga e inizi a raccontare. Max non c’è più da qualche anno al termine di una vita davvero difficile, all’insegna di un malessere profondo che si portava dentro da sempre.
“Mà, io devo andare, mi aspettano allo studio fotografico” “Arrivederci alla prossima settimana Maria”
Gennaio 2017 “Figlia, hai voglia di dare una mano? Abbiamo organizzato il pranzo dell’Epifania con i nostri assistiti, serve aiuto al servizio” Perché no?! alla fine forse sarà un po’ come restituire a Max quell’amicizia che non siamo stati capaci di dare allora, ma a 20’anni hai il mondo tra le mani e non hai tempo e voglia di fermarti a guardarti intorno, sei intento a costruire il tuo e ad abbattere gli ostacoli che ti trovi difronte.
Gailon