Tante storie magiche
Una stella
Una Stella Di Carmen Lafranconi
C’è una stella quieta, una stella senza palpebre. ‒ – Dove? ‒- Una stella… nell’acqua addormentata dello stagno! (Garcia Lorca)
Pioveva spesso in quella piccola città ai piedi dei Pirenei. L’umidità penetrava nelle nostre ossa, aumentando la nostalgia di casa. Eravamo numerose in negozio: tre italiane oltre a me e alla mia amica Carlotta, le francesi Annie, Christine e Joelle, la portoghese Marilia e le fiamminghe Annicke, Marej e Noelle. Lucia «Lusì» come la chiamavamo tutti presso Chez les Amis, era la nostra direttrice. Appena l’avevo conosciuta, arrivando al negozio, mi aveva ricordato una poesia di Garcia Lorca: Una stella, infatti anche lei, come la stella della poesia, se ne stava bella e luminosa, ma, ormai da parecchi anni, ancorata in quel negozio, che curava con amore come se fosse suo. Non riuscivo a capire la sua apparente rinuncia a una vita più interessante. Lucia era nata in Italia, a Sacco, ed era arrivata in Francia, ancora bambina, dalla Valtellina, con la madre, il padre e i cinque fratelli. Si erano stabiliti a Saint Lazare, un villaggio a pochi chilometri da Tarbes. Lì lei era cresciuta assimilando la cultura e le usanze francesi, senza però dimenticare l’Italia e la sua lingua d’origine. Ragazza vivace ed estroversa, amava comunicare con tutti, e forse proprio per questo studiò lingue straniere perfezionando oltre all’italiano, che già conosceva bene, anche il tedesco, l’inglese e lo spagnolo. Era alta e slanciata, con grandi occhi grigioverdi, un ampio sorriso e lunghi, morbidi capelli ramati che spesso raccoglieva. Aveva un carattere dolce, ma fermo e deciso, si truccava solo con pochi colori luminosi, d’ottime marche francesi, e si vestiva con abiti semplici, ma molto eleganti e femminili. Lucia era sicuramente una donna speciale, dotata di molta classe, e non le erano mancate delle grandi occasioni, come allettanti offerte di lavoro nel campo del commercio e dell’alta moda. Tra i tanti corteggiatori che l’ammiravano, un affascinante giornalista francese l’aveva corteggiata per anni, cercando di convincerla a partire con lui per Parigi, ma lei aveva preferito rimanere lì, in quella «piccola» città di provincia. Nei mesi invernali la città non raggiungeva i diciottomila abitanti, ma da Pasqua a ottobre, soprattutto durante l’estate, poteva accogliere anche alcuni milioni di persone. Pellegrini e turisti venivano da tutte le parti del mondo a scoprire, con i loro occhi, quella semplice grotta, nel ricordo della piccola Bernadette, che, l’11 febbraio 1858, proprio lì, vide, per la prima volta, «la bella Signora». La città si divideva in tre zone: la residenziale, nella parte alta, dominata dal maestoso castello, con il vecchio borgo e le abitazioni, che non erano molto diverse da quelle di altri quartieri francesi eleganti, con graziose villette dai piccoli giardini, la piazza del mercato, il panettiere, l’edicola, il calzolaio e l’immancabile Hotel de Ville, il municipio. Più avanti, imboccando la discesa dall’alto della città, iniziava la zona dei negozi e degli alberghi; infine, in basso, sul fiume c’era l’ampia area mistica, separata dall’area commerciale, immersa nel verde. La zona commerciale iniziava dalla strada che scendeva dal paese. Quei negozietti infilati uno dietro l’altro, sulla discesa, tutti uguali con le solite chincaglierie di dozzinale fattura, non assomigliavano al «nostro» magasin diretto da Lucia. L’edificio era piuttosto grande, ma solo il pianoterra era adibito a negozio. Al centro, ben disposte nelle eleganti vetrinette, c’erano le smaglianti porcellane blu di Limoges, a sinistra una piccola raccolta di pelletteria, seguita dai foulard di seta colorata e da altri articoli in legno. Infine sul fondo, sotto chiave, c’erano le cose più pregiate come le medagliette d’oro e altri oggetti preziosi. Al piano superiore c’era il salone con un gran camino e la lunga tavolata dove pranzavamo, poi la piccola cucina dove regnava la nostra cuoca, Madame France. Il nostro capo, M. Wadner, era un affascinante uomo di mezza età, non molto alto, che però assomigliava a Robert Redford. Aveva una grande considerazione per il lavoro svolto da Lucia e le aveva dato carta bianca per tutto quanto riguardava la direzione del negozio. Molto giovane e bella, lei era arrivata al negozio diversi anni addietro, in cerca di un lavoro stagionale. Aveva iniziato a lavorare come commessa-interprete, dapprima per pochi mesi, poi era ritornata l’anno seguente per un’intera stagione e infine aveva deciso di stabilirsi lì. Sicuramente anche lei aveva percepito quell’energia particolare che si poteva provare entrando nella zona recintata; infatti Lucia, come parecchie di noi, andava alla grotta ogni volta che sentiva il bisogno di ricaricarsi. Divenuta direttrice, aveva visto aumentare la paga e diminuire sempre più il suo tempo libero e s’era stabilita in rue de l’Hotel de Ville, nel quartiere residenziale, in un piccolo appartamento molto accogliente e luminoso, con un gran balcone fiorito, aperto sulla città.
(Brano tratto da un racconto pubblicato nel 2014 nella raccolta UNA STORIA MAGICA)