Tante storie magiche
Il lago
Il lago Di Annarita Mastrangelo
(brano tratto da un racconto pubblicato nel 2014 nella raccolta UNA STORIA MAGICA)
Seduta nel taxi diretto all’aeroporto, e imbottigliato nel traffico di New York, contavo i minuti nella speranza di arrivare puntuale. Sono trascorsi molti anni dall’ultima volta che sono stata a casa, a Parigi. Ma ieri mattina all’alba, una telefonata mi ha fatto sprofondare nel dolore, perché mi annunciava la perdita di mia madre Marisol.
Ero straziata, e dalla disperazione crollai, risvegliandomi il mattino seguente con il trillo assordante della sveglia. Allungai la mano per farla tacere mentre mi ricordava che era ora di partire. Per qualche istante pensai di non farcela, singhiozzavo, mentre il mio sguardo smarrito evitava la valigia aperta sul pavimento di parquet, con una voglia matta di prenderla a calci. Poi, come un’ubriaca, presi le prime cose che mi capitarono tra le mani rimanendo immobile davanti alla finestra che dominava Union Square, già animata dai venditori ambulanti. Mi feci forza, entrai nel bagno e mi chinai sul lavandino, sperando che gli impacchi d’acqua gelida miscelati alle mie lacrime potessero svegliarmi da quell’incubo. Ora a farmi compagnia c’erano solo i miei sensi di colpa per quelle cose che avrei desiderato dirle, e mai ero riuscita a fare.
Il taxi arrivò alle dieci in punto, come previsto, e con un filo di fiato mi ritrovai sull’aereo in attesa del decollo. Durante il volo, che sembrò interminabile, uno stewart molto gentile si accorse che qualche lacrima faceva capolino dietro i miei grandi occhiali scuri, così si avvicinò premuroso chiedendomi se tutto fosse a posto, ma riuscii a mentire: non volevo condividere il mio dolore. Tolsi gli occhiali, lo guardai e con un mezzo sorriso annuii, anche se i miei occhi arrossati e gonfi furono la conferma che gli stavo mentendo spudoratamente. Finalmente giunsi a destinazione, e nonostante fossimo in estate, quella mattina un acquazzone si era abbattuto su Parigi. Ero fradicia da capo a piedi, ma in quel momento la pioggia ebbe solo un effetto benefico. Respiravo, respiravo l’aria di casa. In ogni caso, nonostante la giornata cupa ero arrivata in tempo per la cerimonia funebre, dove fui accolta da molti amici di mia madre e da persone che non avevo mai visto prima. Poi, per caso mi girai intorno e vidi sulla mia destra, in lontananza, andar via un uomo. Direi un bel tipo, brizzolato; si voltò per un attimo prima di scomparire dietro l’angolo. Nessuno si era accorto della sua presenza, e la giornata terminò con un piccolo buffet nel giardino della nostra casa di Montparnasse e qualche parola di conforto.
Il mese di luglio era tra i più caldi degli ultimi cinquant’anni,
a Parigi, così decisi di trattenermi solo un paio di giorni, il necessario per sbrigare alcune pratiche, e successivamente di trascorrere qualche settimana nel nostro casale di famiglia nella Valle della Loira.
Valle della Loira – luglio 1970
Il sole era già alto, e un raggio di sole era entrato presuntuoso puntando dritto sul mio viso. Infastidita, mi rigirai dall’altra parte nel mio vecchio letto tra le lenzuola profumate di lavanda. D’un tratto uno strano cigolio mi svegliò del tutto, balzai in piedi e quando sentii sbattere una porta decisi di scendere pian piano le scale. Mi fermai sul penultimo gradino in attesa. Ma di cosa? Mi guardai intorno, e mentre mi voltavo per risalire le scale…
«Così sei tu! Pensavi di spaventarmi!» gridai quando vidi un gatto rossiccio aggirarsi indisturbato nella cucina.
«Ma come diavolo sei entrato!»
Sorridendo scossi la testa, era intimorito, probabilmente lui era più spaventato di me… e mi venne incontro.
Poco dopo…
«Buongiorno, signorina.»
«Oh mio Dio, ma lei chi è?»
«Sono Louis Salinas, il nuovo custode! Ieri notte mi hanno chiamato i suoi vicini dopo aver notato il casale illuminato.»
«Che spavento! O meglio, che buongiorno!»
«Mi dispiace molto, ieri notte entrando in casa ho visto che lei si era addormentata sulla poltrona.»
«Quindi, signor Salinas, mi sta dicendo che lei si è introdotto in casa mia senza che me ne accorgessi?»
«La portafinestra era socchiusa, sono entrato pensando che ci fossero dei ladri, ma quando l’ho riconosciuta ho pensato bene di andare via senza disturbarla.»
«Come faceva a sapere di me?»
«Signora Amina, sua madre mi parlava spesso di lei, io ho preso servizio da diversi mesi.»
«È capitato tutto così in fretta, non sapevo di lei, mi scusi.»
«Mi dispiace che si sia spaventata a causa del mio gatto, a proposito, il suo nome è Tigra.»
«Lasciamo stare l’accaduto», replicai dando una pacca sulla spalla al buon uomo.
«Signora Blanchard, se ha bisogno mi chiami pure, io, come può immaginare, abito a pochi centinaia di metri.»
«Grazie, e dica ai miei vicini che mi tratterrò per qualche settimana, forse servirà a tranquillizzarli.»
«Non si preoccupi, appena possibile ci penserò io. In ogni caso mi vedrà spesso, a meno che lei stessa non voglia prendersi cura del suo ospite.»
«Signor Salinas, approfitterò sicuramente del suo aiuto.»
«Benissimo, allora ci vediamo domani», rispose lui con aria soddisfatta.
«A domani.»